Consiglio Pastorale del 14.05.2013

Verbale di
martedì 15 maggio 2013

Casa Madre Sacra Famiglia in Comonte

 

Dopo aver sostato e pregato davanti all’Eucarestia, alle ore 21.10 s’è dato il via al quarto incontro dell’Anno Pastorale del CPaP.


Membri assenti: Eugenio Alborghetti, rappresentante Suore presso Scuola Materna di via Colleoni.


Viene approvato il verbale della seduta precedente.


Don Gino introduce i lavori, motivando il lavoro della “Commissione Parrocchia e Zone”, che ha prodotto il documento “La nostra esperienza di Parrocchia divisa in Cinque Zone”: dare un contributo alla riflessione intorno le Unità Pastorali che la Diocesi sta affrontando. Il documento è già stato inviato in Curia, che ha ringraziato per il prezioso contributo. Ora ci faremo guidare da questo documento per analizzare la situazione della nostra Parrocchia.

Ivana Belotti rivela un errore storico. La Catechesi Giovani non è stata centralizzata in Oratorio nel 2000-2001, ma molto prima. Nel 1989, a seguito di un Convegno Ecumenico a Basilea, i sacerdoti avevano iniziato a fare un “coordinamento giovani”: un tema unico ma declinato e vissuto in zona, dopo il lancio del tema iniziale in Oratorio. Nel 1993, vista la carenza di giovani nelle Zone, si è deciso di unificare il percorso giovani in Oratorio, ma con l’attenzione che questi fossero presenti operativamente nelle Zone. Nel 1999 c’è stata la Missione Giovani, che per qualche anno ha riportato gli incontri dei giovani in più punti della Parrocchia, anche in case private. Terminata questa esperienza, si è ricominciato a vedersi settimanalmente in Oratorio.

Maria Rizzi integra la ricostruzione di Ivana ricordando come nel 1980, con Mons. Paravisi, nacque il “Centro Giovanile”, con incontri molto frequentati dai giovani in Oratorio.

Marco Redolfi, che ha partecipato alla stesura del documento in oggetto, dice che, al di là delle imprecisioni storiche, si voleva sottolineare che c’è stato un progressivo passaggio da un “decentramento coordinato” ad un “accentramento assoluto”.

Don Marco fa notare come stiamo discutendo di una pastorale di 20 anni fa: scordiamoci queste dinamiche. Non capisce quale sia il problema della Catechesi Giovani unificata. Attualmente ci si trova la domenica sera, alternando cineforum, formazione e preghiera di Taizè… ma sono circa 15 ragazzi. Se ci dividiamo nelle Zone abbiamo incontri di 3 persone, non sarebbe arricchente. Fino a 18 anni i ragazzi vivono la catechesi nelle Zone: se lì imparano ad essere attivi nelle Zone, lo resteranno anche dopo, non è l’ora a settimana che passano in Oratorio che li disamora dalle Zone. Fra le altre cose i giovani che frequentano la Catechesi in Oratorio sono anche quelli attivi nelle Zone, è un problema che non sussiste.

Don Gino, schiettamente, vorrebbe che si continuasse con l’attuale formula di Catechesi Giovani. Ogni scelta pastorale ne ammetta almeno una parallela: potremmo fare mille ipotesi. Ma la “perspicacia pastorale” sta nel fare le scelte più efficaci, quelle che più orientano a Cristo. È l’oggettività del vero che deve orientarci, non le preferenze e i gusti dei singoli protagonisti della pastorale.

Gianantonio Farinotti, nell’apprezzare il  documento predisposto dalla commissione, senza dubbio utile per una riflessione sull’organizzazione della nostra Parrocchia, sottolinea due questioni:
1. Per fare un’analisi seria che consenta la comprensione di quali ambiti d’azione (un classico esempio, stando a quanto citato dagli interventi precedenti, è la pastorale giovanile) debbano stare al centro e quali in periferia, è necessario preliminarmente precisare la specificità di ogni zona e quella della Parrocchia. Non tutte le zone pastorali sono uguali: alcune hanno un’identità più marcata (Risveglio, Comonte e, in parte, San Giuseppe); una (Luce) si ‘confonde’  con il ‘centro’ della Parrocchia ed è caratterizzata dall’essere al servizio (ad es. con l’Oratorio) di tutte le altre; un’altra (Serena) sta tentando di trovare la propria dimensione. L’originalità di ciascuna zona è legata alla storia, alla collocazione nel territorio seriatese, alla presenza o meno di strutture disponibili per le attività di zona.
Per quanto riguarda la Parrocchia in quanto tale si può dire che l’averla strutturata in zone abbia contribuito all’identità della comunità seriatese, consentendo l’aggregazione unitaria non sempre altrimenti  garantibile dalla comunità civile (si pensi alla storica assenza di una piazza) e offrendo percorsi comunitari in contesti (coincidenti con le zone) più ristretti e vicini alle esigenze delle famiglie.
2. La seconda è connessa all’evidenziare la differenza tra la nostra esperienza e quella prefigurata dalle unità pastorali; al di là delle analogie (programma pastorale condiviso, organismo pastorale unitario) vi sono sostanziali differenze; si pensi anche solo al fatto che da noi, contrariamente a quanto accade nelle unità pastorali, c’è – ovviamente – un solo Parroco.

Don Gino fa presente che, richiamando anche la sua esperienza a Milano, il tentativo di avere più Parroci e un solo Curato interparrocchiale è fallito. Ora c’è la tendenza a fare il contrario: un solo Parroco con diversi Curati. È un tentativo che stanno “sopportando”.

Gianantonio Farinotti conclude il suo intervento dicendo che nell’affrontare l’importante tema del rapporto Parrocchia-Zone (utile a garantirsi una pastorale efficace) è determinante avere la consapevolezza che questa è più una questione per “addetti ai lavori”; chi non vive la ‘progettazione’ della pastorale non si pone alcun problema e coniuga naturalmente la propria partecipazione ad iniziative di zona con le attività generali della Parrocchia.

Marco Zucchelli fa presente che il fine del documento che stiamo rileggendo non era la Parrocchia, ma la Diocesi. Per un “uso interno” alcune cose andrebbero specificate meglio, ma non era questo l’obiettivo. Richiama l’attenzione su una frase del documento: “Il risultato immediato è stato quello di non avere più gruppi giovani in zona, che erano di esempio anche per gli adolescenti: infatti anche questi ultimi dopo la professione di fede in 4a superiore abbandonavano in gran parte la vita di zona, non "riconoscendosi" nel gruppo giovani in Oratorio”. Chiede poi se questa frase è corretta e condivisa. Il problema è il rapporto fra la Pastorale Giovanile e l’Oratorio, una visione di territorio più ampia. L’idea della Missione Giovani è stata buona: andare vicino ai giovani là dove sono, nelle Zone e nelle Case; ha rilanciato la partecipazione, ma poi, conclusa l’esperienza è un po’ svanita anche la catechesi centrale.
Nota poi come oggi non esistono più gli “orticelli” di Zona, c’è molta più collaborazione. Come dice il documento uno dei temi più delicati è la capacità di costruire momenti di coordinamento tra zone attorno a singole aree di lavoro e nelle zone tra i vari gruppi, proprio per garantire sempre il giusto e corretto passaggio di informazioni e la costruzione di una proposta unitaria.
Propone infine di dare più continuità formativa alla Catechesi Giovani. Ora ci sono troppi incontri a spot in luoghi e tempi diversi. Dobbiamo dare ai giovani una maggiore certezza di luoghi e tempi.

Attilio Rossoni ricorda che un motivo che ha spinto ad unire la Catechesi Giovani è stata la mancanza di giovani. Non c’erano gruppi nelle Zone, se non a Paderno e in Luce. È stata quindi una questione logistica, e addirittura si parlava di un percorso unico per tutto il Vicariato.
Fra chi opera, si avverte alcune volte che la Parrocchia è percepita come un limite: meglio stare in Zona e fare le cose fra noi che non uniti. Ma il chiudersi nelle Zone sarebbe deleterio, insieme ci sono più potenzialità, sia umane che strumentali. I progetti devono essere portati avanti a livello unitario, poi le Zone, che mantengono una vicinanza alle persone fondamentale, li sviscerano.

Don Stefano suggerisce di porre più attenzione ai luoghi ed alle situazioni in cui si riescono ad intercettare le persone che non si vedono abitualmente, come i Battesimi e i Funerali. Anche i corsi fidanzati sono destinati ai giovani, lì ci sono. Dobbiamo dare più sostanza ai cammini dei giovani: a volte sembra che vengano solo per fare un piacere a noi, non per la validità della proposta.
Ha poi la sensazione che questi confini fra Zone siano solo una questione di “cucina”, chi sta fuori difficilmente sa a che Zona appartiene.

Anche Maria Rizzi sostiene l’idea di dare più sostanza e continuità alla Catechesi Giovani: i ragazzi si disorientano cambiando i tempi e perdono la strada. Il mio gruppo di diciottenni era molto numeroso alla Professione di Fede, ma poi nessuno ha continuato il cammino: perché smettono? Posso capire un dodicenne che smette di frequentare, ma a diciotto anni? Non è questione di Zone.

Don Gino ribadisce che se la Catechesi li ha già “riempiti”, non è un male se a diciotto anni vanno nel Mondo. È prima che dobbiamo preoccuparci per dargli l’identità cristiana, poi a diciotto anni la portino pure nel mondo. Si ferma solo chi si impegna a sua volta come educatore, a servizio. La pastorale dei 20-30 anni è sempre stata un fallimento ovunque. Quella fascia non va tanto raggiunta con la catechesi, ma con i corsi per fidanzati ed i battesimi.

Don Giulio anticipa che la lettera pastorale del Vescovo per il prossimo anno andrà proprio in questa prospettiva: puntare sulla società educante. Se vogliamo avere i giovani in Parrocchia domani, dobbiamo educare gli adulti, i loro genitori, oggi.

Don Gino, richiamando la “Gaudium et Spes”, ricorda che il cristiano deve abitare il mondo. Stiamo troppo attenti a curare le “nostre cucine”, ma è il mondo il destino dei giovani.

Don Stefano evidenzia come è anche bello reincontrare un giovane a distanza di anni, che torna per il matrimonio o per il battesimo del figlio, e riconoscere come sono cresciuti quei semi seminati nel tempo della catechesi, che ora portano frutti nuovi anche in Parrocchia.

Evelino Rossoni nota come siamo in linea con quello che stiamo proponendo: se i giovani che vengono alla Catechesi sono quelli che collaborano nelle Zone siamo nella prospettiva giusta. Con l’inizio dell’università, è poi fisiologico un distacco.

Don Gino chiede ai presenti di guardare alla loro esperienza. Non vi siete anche voi staccati per formare una famiglia e poi siete tornati?  Il problema vero non è come fare catechesi dopo i vent’anni, ma come impattare i fidanzati, i genitori dei battesimi e le famiglie con dei lutti.

Attilio Rossoni fa notare che molti dei fidanzati che si avvicinano al corso sono già famiglie da un po’. Non fanno un reale percorso di fede di avvicinamento al matrimonio perché in realtà vivono già da marito e moglie.

Don Gino dice di non avere soluzioni preventive alle convivenze. Ma perché se già convivono chiedono il matrimonio? In fondo è perché credono!

Don Giulio ricorda che sono i conviventi che non possono fare la comunione e la confessione, non i divorziati come spesso si dice. È una scelta pedagogica drastica, c’è un fine educativo, come il padre di famiglia che pone alternative estreme non perché non voglia bene al figlio, ma per educarlo, farlo riflettere. Se la comunità non ti ha passato determinati valori, la Chiesa ti pone la questione escludendoti dai sacramenti, ti invita a riflettere.

Leandro Pirovano sostiene che prima di parlare di catechesi, visto il tema della serata, dobbiamo capire la funzione delle Zone. Se poi una persona di vent’anni è considerata adulta, allora dovrebbe rientrare nella catechesi degli adulti, che non dovrebbe essere quindi destinata solo ai pensionati.

Don Giulio comunica che in un questionario distribuito in Zona Serena, solo 4 persone su 230 hanno chiesto la catechesi adulti.

Sandra Rossoni invita tutti a guardare i ventenni d’oggi: ma sono davvero formati e capaci di portare l’identità cristiana nel mondo?
Cambiando poi argomento, sostiene che i soggetti primi che definiscono e gestiscono l’equilibrio fra l’autonomia e la singolarità delle Zone sono i Sacerdoti e i Laici più presenti: per il resto dei frequentanti manca questo senso di appartenenza forte e quindi non si crea neanche il problema dell’equilibrio.
L’unità delle Zone permette poi meglio di sfruttare le risorse. Il tendere all’unità è una sensibilità che si sviluppa da piccoli. L’esempio delle Feste è uno dei dialoghi più belli fra Zone, anche se porta con sé delle difficoltà, ma i risultati sono notevoli.

Evelino Rossoni, che ha seguito l’evoluzione delle Zone abitando da sempre a Seriate, sostiene che c’è stata una coesione sempre più positiva, ed un contributo fondamentale è dato anche dalla strutturazione più comunionale delle Feste di Zona. Nelle recenti Feste di Paderno ho conosciuto cittadini anche come parrocchiani, e di tutte le Zone. Le feste sono la vera “piazza” di Seriate, ne fanno una città vissuta.

Leandro Pirovano ritiene fondamentale la sintonia fra Preti e delle varie Attività Pastorali. Porta l’esempio della Catechesi Adulti, in cui ogni Zona va per la sua strada: c’è stata una riflessione a monte prima?

Don Stefano dice che personalmente ha difficoltà a lavorare sulla proposta di catechesi avanzata da altri, seppur presa dal Piano Diocesano. Preferisce affrontare tematiche che sente maggiormente proprie, che ha già meditato e interiorizzato.

Don Giulio ricorda che la scelta di pranzare tutti i giorni insieme aiuta i sacerdoti a confrontarsi quotidianamente.

Leandro Pirovano specifica che si nota un coordinamento, ma è solo da far crescere e superare alcune questioni tecniche-organizzative e comunicative che non lo mettono bene in luce.

Don Gino dice che non viene meno la comunione se una Zona fa una catechesi diversa.

Attilio Rossoni è d’accordo sul fatto che la comunione non viene meno se un sacerdote si distacca per vari motivi dalla linea comune, ma la cosa deve essere nota e condivisa. Non che i Sacerdoti o una Commissione decidano una cosa, tutti sono d’accordo, e poi scopri che una Zona fa diversamente e di testa sua. Se la diversità è nota e giustificata non crea problema. Lo crea quando si aderisce ad una proposta e poi si fa tutt’altro.

Don Marco sostiene che la sincronizzazione parrocchiale è buona, c’è poi una difficoltà nella concretezza.

Leandro Pirovano, tornando alla Catechesi Adulti, ricorda che in Zona Luce accanto al Sacerdote c’è un Laico: non potrebbe essere così anche nelle altre Zone?

Don Giulio fa presente che nella Diocesi di Brescia si insiste molto sulla formazione dei Laici perché siano catechisti degli Adulti.

Claudio Cortesi, membro della “Commissione Parrocchia e Zone”, ricorda che la richiesta per la stesura del documento in oggetto era quella di dare consigli alla Diocesi per le Unità Pastorali. Si è partiti sì dalla esperienza della nostra Parrocchia, ma poi si è cercato di astrarre cercando di evitare giudizi. Certe attenzioni sono state indicate non perché a Seriate manchino, ma perché siano d’esempio. Fra queste cose c’è anche tutto il discorso sui giovani fatto prima.

Don Stefano, che per anni, come don Gino, ha vissuto esperienze di Chiesa fuori da Bergamo, ricorda che a Seriate siamo messi bene. Siamo sempre a lamentarci, ma non abbiamo idea della povertà che c’è in giro.
Il problema delle convivenze non è solo un problema clericale, ma civile: le giovani coppie non si sposano proprio, neanche civilmente.

Cecilia Morosini ribadisce l’importanza di mantenere occasioni di incontro per i giovani: la formazione permanente è importante, anche solo per un confronto.
Per mantenere l’unità è fondamentale un pensare comune, poi la realizzazione va alla specificità e singolarità delle Zone.

Marco Zucchelli sostiene che l’unico punto debole del documento è che viene poco sviluppato il tema del laicato: è invece fondamentale. Bella l’apertura alla Catechesi Adulti tenuta dai Laici.
Dobbiamo poi intenderci se parliamo ad “Intra o ad extra”: entrambi sono momenti necessari: da una parte l’attenzione a migliorare la capacità di coordinamento e quindi di condivisione interna, dall’altra la necessità di vivere e proporre l’esperienza di fede sul territorio, nei luoghi dove l’uomo vive.

Don Gino pensa che dalla discussione siano usciti due punti interessanti per il prossimo anno pastorale: il Coordinamento in Zona e la visita nelle case delle famiglie che hanno chiesto il battesimo del figlio.
Avvisa poi che il Sinodo delle Associazioni in programma il 6 giugno è spostato all’anno prossimo: ora non ci sono più i tempi e le condizioni per affrontarlo.

Don Giulio, facendo una battuta, dice che si parla tanto di “cabina di regia”, ma la Zona Serena è più una “cabina del telefono”: è difficile fare la stessa pastorale delle altre Zone.

Ivana Belotti sostiene che oltre alle regie di Zona, ci deve essere una cabina Parrocchiale dove sono seduti i rappresentanti di ogni Zona.

Don Giulio evidenzia il rischio di avere più Colonnelli che Soldati.

Don Stefano propone di sfruttare il CPaP per parlare della vita di Zona: ogni volta ci si racconta le esperienze vissute.

Don Gino sostiene che se il Vescovo propone qualcosa alle Parrocchie che a Seriate non è fattibile, lui non lo fa. La stessa cosa deve avvenire nelle Zone: se la proposta parrocchiale è improponibile non la si applica, motivando però la scelta.

Attilio Rossoni propone che il modello adottato e spesso citato positivamente stasera dalla “Commissione Feste Parrocchiali” sia esteso a tutta la pastorale, come suggerisce Ivana.

Don Gino sostiene che in Parrocchia ci sono già troppi organismi di pensiero, e poi ci sono i sacerdoti che fanno da garanti alla comunione fra Zone.

Don Marcello Crotti mette in guardia dal rischio di non moltiplicare le cose: quando c’è da fissare una riunione non si trova una sera libera! Sfruttiamo meglio ciò che c’è già, il CPaP e le assemblee di Zona.

Don Gino ravvede sul fatto che le assemblee di Zona non siano un doppione del CPaP.

Mariantonietta Gusmini ricorda che la Zona Luce non ha assemblee.

Don Marco rammenta il tentativo fatto qualche anno fa di organizzarla, ma è andato deserto.

Don Gino dice che essendo la Zona Luce a servizio delle altre, manca di una propria identità immanente, per questo l’assemblea interna non funziona.

Giovanna Sottocornola richiama in chiusura al tema non trattato dal documento della Vita Consacrata. C’è chi silenziosamente prega e soffre per il bene della Parrocchia.


Terminati i punti all’Ordine del Giorno, alle ore 22.55 la seduta è tolta.


 

3 pensieri su “Consiglio Pastorale del 14.05.2013

  1. Carissima Ivana-Risveglio, la nostra Parrocchia è strutturata in Zone appunto per donarsi meglio, essere più vicina alle famiglie, creare più identità e appartenenza: anche tu ti firmi e ti celi dietro il nome di una Zona, anche se il modo per fare correzione fraterna è un altro (mt 18,15-18)… forse Gesù avrebbe qualcosa da dire anche a te, oltre che a tutti i seriatesi. L'obiettivo della Parrocchia di Seriate non è certo quello di dare a ciascuno il suo feudo, la sua Zona da comandare, ma essere prossimi e accoglienti, far conoscere a tutti il suo amore e operato. Sicuramente qualche errore nel raggiungere questo obiettivo lo compiremo, dobbiamo camminare ancora molto, tutti dobbiamo crescere, o tutti dobbiamo diminuire per far crescere Lui, ma senza rinnegare una necessaria strutturazione della Chiesa e della Parrocchia.

    • Buongiorno Don Gino, le voglio dire che non sono una persona che si nasconde dietro uno pseudonimo o un nickname, ho usato un "alias" come si usa nelle comunicazioni virtuali perché non è importante, per me, chi sono, ma cosa vorrei essere. Nel mio cammino personale e spirituale ho osato pubblicare il mio pensiero che resta, molto umilmente, un blaterar nero su bianco. Non è e non vuole essere un giudizio, ma una riflessione. Seriate è grande, la coesione sociale a tutti i livelli, compreso quello religioso, è un percorso che mi interessa da molto tempo e che ho attuato con un progetto di laboratorio teatrale fruito dalla popolazione della nostra città. Mi permetto, infine, di condividere un pensiero che mi è piaciuto molto e che dono a lei che rappresenta la guida della nostra comunità religiosa. Spero le piaccia. A presto http://blog.uidu.org/2013/04/05/pensieri-rileggendo-lobbedienza-non-e-piu-una-virtu/

  2. Quanto letto in questo verbale mi fa capire ancora di più quanto sono lontana dalle divisioni per zona, dalla organizzazione per griglie e per caporali, quanto è bello vivere in silenzio la possibilità di donare alla propria comunità, senza clamori, medaglie o divise. Quanto sono lontani i Cristiani dalla gretta visione per compartimenti stagni? Se Gesù si fosse posto questi miseri obiettivi noi non conosceremmo la grandezza del suo amore e del suo operato. Ci sono più Cristiani che cercano di imporre di Cristiani che sanno accogliere. Ma se torna Gesù avrà da dir loro qualcosa!!

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