Abbi cura degli occhi

I domenica di Quaresima C
C'era una ragazza cieca che si odiava perché era cieca. Odiava tutti e tutto, tranne il suo adorabile ragazzo. Lui c'era sempre per lei. Lei diceva che se solo avesse potuto vedere avrebbe sposato subito quel ragazzo.

Il buio della cecità la bloccava. Un giorno qualcuno le donò un paio di occhi. Un trapianto. Così lei poté vedere tutto, incluso il suo ragazzo. Lui pensava tra sé: "Adesso che può vedere mi sposerà". La ragazza rimase attonita quando vide che il suo ragazzo era cieco e si rifiutò di sposarlo. Lo lasciò. Fu una lancia che trafisse il cuore del giovane. Lo squarciò. Tra dense lacrime silenziose, solo sussurrò alla ragazza: "Io ti amerò per sempre. Tu abbi cura dei miei occhi".

La Quaresima è una questione di occhi, di sguardi sulla vita. C'è un gesto bellissimo della tradizione popolare dei nostri nonni che si compiva il sabato santo per chi non era alla veglia pasquale: quando "si slegavano" le campane all'annuncio della risurrezione (che avevano taciuto il venerdì e sabato santo per la morte di Gesù) ci si bagnava gli occhi con l'acqua. La risurrezione era un collirio. In chiesa in quel momento c'è la benedizione dell'acqua battesimale.
Quell'acqua diventava un collirio che faceva aprire gli occhi.
Faceva aprire gli occhi per riuscire a leggere meglio il Vangelo.
Faceva aprire gli occhi per riuscire a vedere meglio la realtà.

Bellissima quella frase di Gesù: "sapranno che siete miei testimoni da come vi amerete tra di voi". Non dalle messe, santini, candeline. Non da ciò in cui uno dice di credere. Solo da ciò che si vede di te. Non basta essere credenti, bisogna essere credibili. Questa è la grande sfida della Quaresima che si apre davanti a noi: un tempo forte, un tempo opportuno, un tempo di ricerca di qualità. Fare Quaresima non è avere qualcosa di meno nello stomaco ma mettere qualcosa di più nella testa e nel cuore.

È la grande sfida del Vangelo dei 40 giorni di Gesù: "Gesù fu guidato dallo Spirito nel deserto". È un tempo di grazia. Mi ha sempre colpito pensare alla sottile intelligenza del diavolo: la tentazione fatta a Gesù è quella di rinunciare ad essere uomo. Le pietre che diventano pane, il potere facile e comodo, il volare: sono la negazione della fatica, dei problemi, del lavoro. Fatti vedere super eroe, fai qualche magheggio per risolvere le cose. Gesù non scappa facendosi Dio, ma fa l'uomo fino in fondo. Bellissimo che l'evangelista ha quella nota simpaticamente concreta: "Non mangiò nulla in quei giorni, ma alla fine, aveva proprio fame".

Da bambino quando piangevo perché mi ero fatto male o quando piagnucolavo nei capricci, mia nonna per scuotermi e soprattutto per farmi crescere, mi diceva: "ma fai l'uomo!". Il Signore in questa Quaresima ci riconsegna la nostra umanità. A Natale, nella mangiatoia, Gesù aveva deposto la "sua" umanità. Oggi ci fa aprire gli occhi sulla "nostra" umanità, sul nostro modo di essere uomini. Dio ci vuole uomini, non angeli. Bellissimo questo amore di Dio per l'uomo, non per le pappemolle.

La quaresima è una scuola di amore e come ogni scuola chiede un libro da sfogliare: è il Vangelo. Per essere bravi alunni dobbiamo però studiare tutti i giorni. La quaresima è una palestra di amore e come ogni palestra chiede esercizi faticosi: l'amore quotidiano. Per essere in forma dobbiamo però essere costanti tutti i giorni. Non si studia ogni tanto. Non ci si allena ogni tanto. Non si ama ogni tanto. Non si crede ogni tanto. Non serve a niente. Nello studio o in palestra bisogna giocarsi fino in fondo. Anche con sacrificio. Così è nell'amore, così è nella fede.
Dio ci ha donato i suoi occhi per permetterci di guardare il mondo. Dio ci ha trapiantato i suoi occhi perché sa quante volte ci odiamo, perché sa quante volte noi siamo arrabbiati e delusi con il mondo. Noi però lo abbiamo lasciato. Lo abbiamo piantato lì. Nonostante tante belle parole e promesse. Una lancia ha trafitto il suo cuore, non solo quel giorno sul Calvario. 

A ciascuno di noi, all'inizio di questa Quaresima, Dio sussurra: "Io ti amerò per sempre. Tu abbi cura dei miei occhi".

Questo articolo è stato pubblicato in CELEBRAZIONI da Mons. Giulio Dellavite . Aggiungi il permalink ai segnalibri.

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