Ogni persona dovrebbe sempre cercare di intuire il senso di ciò che vive… ogni credente dovrebbe interpretarlo con gli occhi della fede. Anche il Coronavirus, che può diventare un’occasione per rimettere al centro alcuni significati della vita e dei suoi valori.
In questi giorni si sente dire: “Non sarà più come prima…”
Può darsi ma questo sarà positivo solo se avremo la capacità di leggere e di ricordare alcune profondità di questo momento storico, altrimenti dopo un po’ ritorneremo allo stile del passato, al desiderio di sostituire Dio col nostro Io, che è il peccato originale che ritorna, periodicamente, come è sempre stato nella storia, portandoci di nuovo a dimenticare la realtà più vera e le potenzialità di noi stessi ma anche dei nostri limiti.
Allora torneremo nuovamente a piangere, impreparati, soprattutto senza speranza.
Il virus che ci impone la mascherina, mette un limite a molte nostre parole: filtra quelle inutili… lascia passare solo quelle essenziali.
Ricordate? “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.
Le nostre parole ora sgorgano dagli occhi… dallo specchio dell’anima, dalla verità più profonda di noi stessi: comunicano ciò che è vitale, solo ciò che è essenziale.
Questa “dieta di parole e delle cose inutili” ci invita allora a non cedere alla tentazione del superfluo di cui ci siamo abbuffati dentro uno stile di vita che faceva ritenere essenziale il secondario, che portava a preoccuparci di una infinità di dettagli e di contorni… quasi fossero l’ossigeno vitale… Non è certo questo l’ossigeno che desiderano in questi giorni i nostri ammalati… Nel futuro ci verrà richiesto l’esercizio e l’allenamento, non facile, di selezionare meglio l’essenziale.
Il virus ha messo a nudo, ed è probabile che purtroppo continui a farlo ancora a lungo, la fragilità connaturale a tutti, ma che noi vorremmo nascondere, dimenticare, non vedere. Come facciamo quando rifiutiamo la malattia e ancora di più la morte, soprattutto di chi ci è caro… mascherandola con tante altre espressioni (è partito…), nascondendola ai figli e ai nipoti, evitando di andare a pregare per i defunti con i loro.
La malattia e la morte ci sono, anche se li neghiamo o li nascondiamo.
I mass media non ci aiutano in questo parlando di queste realtà solo quando si possono spettacolizzarle… Sono poi molti i “venditori di fumo” che aiutano a ignorare i limiti promettendo di evitarci i segni del tempo, della sofferenza, della malattia…
Non sfidiamo il Signore… sognando e tentando di rubargli le leggi della vita, di diventare come Lui… “Gettati giù… sei figlio di Dio, i suoi angeli non ti lasceranno cadere”
E’ bastato un piccolo granellino invisibile e siamo stati costretti a sederci per terra, a piangere, a prendere atto della nostra fragilità e dei limiti fisici, psicologici, economici, sociali… Abbiamo toccato sulla nostra pelle, come Giobbe, quanto siamo deboli.
Pensavi di fare da solo vero? Ti preoccupavi egoisticamente dei tuoi interessi…
Ritenevi che Dio fosse ormai il tuo Io… solo perché il Signore non si impone!
Credevi che al centro, al primo posto, ci fossero le tue cose… senza pensare agli altri… Ormai non sceglievamo più progettando il futuro, preoccupandoci di costruire il bello per i nostri figli o nipoti… tanto meno eravamo attenti alla natura…
Lo sguardo e l’interesse era fermo a pochi centimetri dal nostro naso: all’io!
Perfino col virus imperante, qualcuno in questi giorni dice: “che male faccio? corro da solo…” senza valutare che la sua libertà e la sua responsabilità riguarda anche gli altri!
Era ormai uno slogan: al centro i miei interessi!
“Se mi adorerai… avrai potere su tutte le cose…”
Il virus ci fa intuire una cosa importante: o si guarisce insieme… o non si guarisce…
Siamo chiamati ad assumere uno stile di reciproca responsabilità, evitando di ripetere la durissima risposta data a Dio da Caino: “sono forse io il custode di mio fratello?”
Pasqua è rileggere e ritrovare il senso della nostra esistenza, ma a partire dalla vicenda di Gesù: quella che le celebrazioni pasquali ci hanno riconsegnato.
La passione, morte e risurrezione di Gesù rimettono al centro di tutto il servizio, la capacità di dono agli altri, la volontà di condivisione e di reciproco sostegno nella sofferenza, il senso e il valore di ogni vita, anche quando è limitata… è l’amore di Dio quello che siamo chiamati a rendere visibile.
Mentre costruiamo positivamente le nostre giornate potremo anche imparare ad andare oltre il solo tempo terreno, ricordando che tutto questo avrà continuità e pienezza proprio nella vita eterna, alla quale potremo partecipare attraverso la risurrezione.
Per questo abbiamo fiducia che i nostri molti cari defunti, i più recenti come quelli più lontani, sono già con Lui, dentro questa eternità.
Noi sacerdoti vi siamo vicini, soprattutto a chi in questo tempo sperimenta la malattia o il lutto: ricordiamo in modo particolare tutti i nostri cari ammalati.
Tutti questi sono segni di speranza, che possiamo trattenere, da credenti… ma che possono farsi dono di forza e di coraggio per ogni uomo.
Buona Pasqua di risurrezione a tutti, carissimi.