L’Icona delle tre rose

Eurosia è un nome che viene dal greco e significa “bella rosa”. Secondo la tradizione nacque prima dell’anno mille (860 circa), figlia del duca di Boemia. Rimasta orfana di entrambi i genitori, venne adottata dal nuovo duca. Fu promessa sposa al principe erede al trono di Aragona impegnato nella lotta contro gli invasori Saraceni. Nel recarsi al matrimonio la comitiva fu assalita. Il comandante dei Saraceni tentò con ogni tipo di persuasione di farla sua sposa, tanto era il suo fascino, esigendo però che rinnegasse Cristo. La giovane resistette e fu torturata mentre guardava il cielo con fierezza, pregando. Poi fu decapitata. La leggenda narra che arrivarono fulmini, vento e grandine per intimorire i Saraceni e far cessare la violenza contro di lei, poi si sentì una voce tra le nubi: “Sia dato a lei il dono di sedare le tempeste, ovunque sia invocato il suo nome!”. Da qui venne ricordata all’inizio della primavera e invocata per difendere i germogli e i frutti della terra. Legata alla Pasqua di Gesù, protegge soprattutto dal grigio e dalle tempeste della vita che devastano famiglie, relazioni, progetti, lavori. Nell’icona compaiono tre rose: la prima è Eurosia. La fede, la speranza, l’amore l’hanno resa “bella rosa” di nome e di fatto, nonostante le spine della vita.

Così è stata anche una seconda “bella rosa” di Comonte: Santa Paola Elisabetta Cerioli: da un cespuglio di spine di dolori ha fatto sbocciare un germoglio che continua a fiorire in tante persone che, seguendo il suo carisma, curano, educano, proteggono. Per chi vive a Seriate sono sorelle maggiori che sussurra: “se anche le tempeste abbattono i rami e qualcuno calpesta con rabbia tutti i fiori, niente e nessuno può fermare la primavera”. Ambedue se avessero guardato solo alle spine della vita avrebbero scelto la “resa”, invece hanno scelto la “rosa”. Invitano ciascuno di noi ad essere la terza “bella rosa” dentro la comunità cristiana e la società civile. È l’impegno che viene dalla Pasqua di Gesù, il Santissimo Redentore crocifisso e risorto, a cui la festa è legata. Lui è il centro, la forza di gravità, il senso che crea legami, insegnandoci a cercare più ciò che unisce di ciò che divide. L’argento dell’icona rappresenta la preziosità della speranza del Vangelo che in Maria, nei Santi, negli Angeli e nella vita di ciascuno vince il male, il dolore, la morte (rappresentati dal teschio sotto la croce) generando germogli di primavera di vita (i fiori e frutti nella cornice). Le colline delle nostre strade di tutti i giorni possono condurci a orizzonti nuovi, a un nuovo umanesimo, a una civiltà dell’amore, a una comunità di credenti credibili, aprendo lo spazio all’impegno e alla responsabilità di ognuno, dentro il terreno fertile del quotidiano da dissodare e coltivare. Così germoglia la rosa centrale in basso che aspetta di essere colta dalle mani di chi guarda l’immagine.

Sarà possibile chiedere di portare l’icona nella propria casa per qualche giorno, per invocare benedizione e protezione, per sostenere le invocazioni dei bisogni, per consolare la sofferenza, per scorgere in ogni gesto d’amore un bocciolo di una nuova “bella rosa” per se stessi, per la famiglia, per la comunità, per la società. Non lasciare l’icona in chiesa, ma farla girare nelle case significa imparare che non serve tanto dire a Dio quanto sono grandi i nostri problemi, perché li sa già; vale molto più dire ai problemi quanto è grande Dio. Chi desidera vivere questo gesto di fede può rivolgersi alle Suore della Sacra Famiglia.

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