Consiglio Pastorale del 12.11.2019

Verbale di
martedì 12 novembre 2019

Centro Pastorale Parrocchiale

 

Alle ore 20.50, con la preghiera comunitaria s’è dato il via all’incontro del Consiglio Pastorale Parrocchiale.

Assenti giustificati: Maurizio Aiolfi, Davide Camozzi, Augusto Paravisi, Antonella Pelliccioli, Andrea Rasmo, Giacomo Rocchi, Angelica Rovetta, Giovanni Stucchi, don Marcello Crotti, don Fabiano Finazzi, don Luca Della Giovanna.


Con l’approvazione del verbale precedente (in data 10 ottobre 2019), il parroco, don Mario C. presenta i punti all’odg:

  1. Condivisione dei lavori di gruppo tenuti il precedente incontro partendo dal documento ≪La figura di parrocchia con connotazione missionaria e il ministero presbiterale≫;
  2.  Confronto assembleare sulle relazioni dei lavori di gruppo;
  3.  Varie ed eventuali.

 


  1. Condivisione dei lavori di gruppo

Il parroco apre alle relazioni dei lavori dei nove punti del documento ≪La figura di parrocchia con connotazione missionaria e il ministero presbiterale≫.

Punti 1-2
Questioni portanti / Il contesto

 Considerando il contesto odierno siamo consapevoli che: 

– la comunità cristiana non si identifica più con la comunità civile

– che la comunità sembra composta da due differenti polmoni pur fra loro complementari e spesso intrecciati: la “comunità eucaristica” e la “comunità dei battezzati”

– si è prodotta una decisa rottura nella trasmissione generazionale della fede cristiana tra le diverse generazioni

– il crescente soggettivismo relativista tende a relegare la fede e la Chiesa nel privato e nell’intimo e l’individualismo porta a vivere come se Dio non esistesse. Questo rende difficile la partecipazione ad un progetto comune che vada oltre gli interessi e i desideri personali

– stiamo vivendo una profonda crisi antropologica che nega il primato dell’essere umano, spesso ridotto a bene di consumo.

– Il linguaggio, i gesti, i segni che la Chiesa utilizza per annunciare non risultano più significativi neppure a molti “appartenenti” alla comunità eucaristica, sono insignificanti e incomprensibili per moltissimi altri.

 Preso atto che siamo tutti immersi in questo contesto e in questa cultura si possono ipotizzare alcune riflessioni prospettiche.

– Sembra necessario recuperare l’essenza dell’uomo come “essere di relazione” e, noi per primi, dovremmo avere il coraggio di un esodo dal nostro mondo per incontrare l’uomo di oggi. Incontrarlo significa “riconoscerlo” per accettarlo per quello che è, senza giudizi, per accompagnarlo fraternamente. 

 Solo attraverso una relazione empatica, che si fonda sull’accoglienza e sulla prossimità, si potranno aprire nuovi spazi di dialogo e di confronto, per accompagnarsi vicendevolmente in una nuova storia, arricchente per tutti. 

  • Appare urgente rinnovare le forme di espressione e di comunicazione per trasmettere all’uomo di oggi il messaggio evangelico nel suo significato immutabile. Va fatto lo sforzo di individuare quei valori che anche l’uomo di oggi considera vitali e validi per realizzare la sua esistenza e, partendo da questi, trovare un linguaggio adeguato che permetta un dialogo a partire dal Vangelo.
  • E’ necessario un intenso lavoro di mediazione tra Parola e vita: la Chiesa è chiamata a far comprendere come la Parola sia nella vita e per la vita-storia di ogni uomo. Si tratta di trovare il modo per far dialogare il messaggio di amore del vangelo con l’economia, la politica, la sessualità, la salute…
  • In questo percorso sembra fondamentale il ruolo della testimonianza. E’ necessario operare il passaggio da una chiesa maestra alla chiesa testimone di vita. La testimonianza gioca un ruolo fondamentale nel dare credibilità e contenuto a quanto annunciato. Il cristiano, infatti, è un modo di essere uomo nella concretezza di un contesto storico e la sua testimonianza di vita realizza una forma di “predicazione informale”. Per rendere operativo questo passaggio ci sembra debba essere posta un’attenzione particolare alla formazione del laico cristiano per far crescere in lui uno spirito di corresponsabilità, così che si senta chiamato in prima persona, in quanto battezzato, ad evangelizzare con la testimonianza della sua vita. Allo stesso tempo però occorre riconoscere che lo Spirito dona realmente a tutti dei carismi e che tutti i ministeri servono a edificare la comunità. E’ allora necessario e urgente impegnarsi a discernere e valorizzare tali carismi e, soprattutto, essere attenti a creare spazi perché i doni ricevuti possano essere esercitati per la crescita individuale e di tutta la comunità.

 Punti 3-4
Evangelizzazione / Accoglienza

Come è detto nell’introduzione del documento analizzato la lettura della realtà pone in evidenza le difficoltà ma è anche una bella opportunità di rilettura del tempo attuale. Non può quindi prevalere uno sguardo carico di pessimismo per il futuro. “I cristiani formano una comunità non solo a partire da criteri di identità… e neppure soltanto per libera scelta, ma prima di tutto per Grazia” e quindi siamo allora certi che sarà Lui ad aiutarci ad indirizzare lo sguardo ed il cuore verso nuovi orizzonti, con speranza e fiducia nel futuro.

  • A chi si rivolge il nostro operare di Parrocchia: ai fedeli “fidelizzati” della comunità oppure a tutti indistintamente. In altri termini la proposta di fede è rivolta e vissuta soprattutto dai credenti praticanti oppure cerca di raggiungere anche chi non è così “introdotto” nella vita Parrocchiale, fino alle persone provenienti da altre culture religiose.

E’ ovvio che uno non esclude l’altro ma è altrettanto evidente che la scelta di campo ha delle conseguenze sulle modalità pastorali di essere Chiesa locale nel mondo. Nel documento si afferma, a proposito delle connotazioni più significative del ministero (presbiterale) stesso, della necessità (non da oggi per la verità) del “ripensamento dell’esercizio del ministero presbiterale e di quello di Parroco, alla luce della duplice esigenza della “cura” e “della ricerca”….. “un parroco che sarà meno l’uomo del fare e dell’intervento diretto e più uomo della comunione”. Un atteggiamento da superare è però quello del rinchiudersi in ciò che rassicura, che sembra dare senso alle scelte personali di vita, che emergono soprattutto nelle quotidiane  azioni di tanti presbiteri.

Come cercare di “uscire nel mondo”, quindi essere una Parrocchia che non aspetta che arrivino le persone (in una logica quasi di ufficio amministrativo) ma che cerca di uscire ed andare nella quotidianità della vita delle persone è l’obiettivo dichiarato. 

  • Un altro tema è legato ai “luoghi” nei quali la Parrocchia si confronta con il mondo, anche locale. È il tema che concretizza le prospettive pastorali laddove si afferma della necessità di …. “valorizzare le soglie esistenziali sulle quali possiamo incontrare tutti, la prossimità nelle terre di frontiera della vita….., il dialogo culturale, l’ecumenismo e il dialogo interreligioso.

Ma quali sono i “luoghi irrinunciabili” per costruire comunione con il mondo? I gruppi di lavoro promossi dalle istituzioni pubbliche locali, la partecipazione a progetti comuni con le realtà associative del territorio, ecc. Ma subito il tema conseguente è: chi partecipa a questi luoghi, lo fa a livello personale o rappresenta realmente la Parrocchia?

Tanti sono i luoghi di incontro. Due però paiono irrinunciabili: il “ruolo” dell’Oratorio nella proposta progettuale per i minori/giovani e loro famiglie e la Caritas, luogo di sintesi pastorale della testimonianza della carità nella vita della comunità e del territorio; luoghi che costruiscono relazioni significative con il territorio; luoghi dove il “fare” è preceduto dal pensare, dal “far fare”, dal costruire alleanze, ecc. 

  • Altre considerazioni possono riguardare lo stile che ormai ci porta a considerare con umiltà il nostro ruolo di Parrocchia.

Gli ambiti di lavoro che stiamo approfondendo sono legati al tema della testimonianza della carità, uno dei tre pilastri tipici della Parrocchia, a fianco della celebrazione e dell’annuncio.

Sempre più è necessario domandarsi in cosa si caratterizza l’azione della Parrocchia, nelle sue varie articolazioni, rispetto all’agire degli altri soggetti presenti sul territorio (pensiamo anche solo incidentalmente alle oltre 3.500 realtà di volontariato presenti sul territorio, al mondo della cooperazione sociale e all’associazionismo di promozione umana operante).

Il documento di lavoro continua a richiamare l’aggettivo “relazione” (le condizioni relazionali, la relazione, le relazioni, la relazionalità…). La relazione è il cuore della proposta di fede. La relazione è incontro, è condivisione, è rispetto. Non siamo però più “depositari” di questa parola, tanto usata e spesso abusata. Altri soggetti del territorio vivono della relazione, soprattutto con la fragilità. A noi il compito di promuovere una relazione che affonda il suo senso nella “Parola” di Dio e non solo nella parola degli uomini. Nel documento si parla a proposito di “Fraternità ospitale e prossima, generata dal Vangelo e dalla Grazia”. C’è uno “specifico” che connota la realtà Parrocchiale nel suo incontro con l’altro, con la comunità e con il territorio? 

  • Nel documento al contrario si parla solo una volta di “sinodalità” riferendosi al metodo utilizzato per la costruzione e attuazione del 37° Sinodo della Chiesa di Bergamo. Il metodo della sinodalità, è stato vissuto anche dalla Chiesa italiana nell’ultimo convegno ecclesiale nel 2015. Fa fatica però ad essere fatto proprio dalla Chiesa non solo in Italia, ma anche nella vita delle Parrocchie. Subito pensiamo a quanto qualcuno direbbe: “è già bello avere qualche laico impegnato”, poche persone fanno di tutto, ecc.”

La logica non è quella di “dare più incombenze ai laici vista la diminuzione di sacerdoti, ma è di riconoscere le ministerialità e le vocazioni di ciascuno presenti nella vita della Parrocchia. Quali sono i “luoghi” della ministerialità nella vita Parrocchiale, per cui la costruzione di un pensiero e la sua attuazione è costruita collegialmente? Le Cet sono esempio che dice, da questo punto di vista, che la costruzione di un pensiero e di una azione è nell’incontro anche con altre persone che non vivono l’esperienza diretta della Parrocchia. Se vale per l’esterno, a maggior ragione dovrebbe essere prassi nella vita di ciascuna Parrocchia. 

Punti 5-6
Tempi della pastorale / Spazi di azione

 Il 5 punto si sofferma sull’importanza di riconsiderare i tempi delle famiglie, della società e della stessa comunità cristiana in quanto, nel periodo storico in cui viviamo. La stessa messa domenicale non è più riconosciuta come una opportunità-necessità: la famiglia sembra riconoscere come importanti altre priorità.

Va anche riconosciuto che le famiglie hanno oggi mille impegni e sono segnate dalla fretta… per cui la domenica finisce per essere l’unico momento in cui possono stare insieme, “tranquilli ,“ liberi da appuntamenti e scadenze, quindi anche dalla messa!

 Per ovviare a questa situazione:

– è necessario impegnarsi maggiormente per far comprendere alle famiglie che partecipare alla Santa Messa è per ogni cristiano un’opportunità e non un dovere: è l’incontro col Risorto che guida i passi dei credenti e accompagna nella vita di tutti i giorni

– puntare molto sul fatto che i primi catechisti sono e rimangono anche oggi i genitori e quindi non è concesso delegare l’iniziazione cristiana dei figli ai catechisti, quanto piuttosto scegliere di camminare insieme

– è altresì necessario coinvolgere in primis i ragazzi stessi facendo in modo che almeno la loro celebrazione sia animata anche da essi, creando anche giornate o iniziative domenicali, che vedano protagonisti sia i genitori sia i figli.

 Il 6 punto del documento chiede di prendere in considerazione il tema dell’appartenenza.

Su questo tema appare importante scegliere come comunità ma anche singoli credenti di non “chiudersi a riccio” ma fare scelte inclusive che mostrino l’accoglienza. Si tratta di imparare nuovamente a percorrere pezzetti di strada comuni con l’uomo di oggi – come il Signore con i due di Emmaus – senza lasciar evidentemente scomparire la propria identità.

Una cosa a cui la nostra comunità di Seriate potrebbe già essere allenata viste le cinque zone di cui è composta ma che necessità comunque di continui riaggiustamenti e verifiche per avere attenzioni comuni e scelte condivise.

   

Punti 7-8
Specializzazione delle parrocchie / Ministerialità diffusa

 La parola da non dimenticare per tenere insieme e “sfruttare” al meglio carismi e specializzazioni presenti in vari “luoghi” è “sinergia”.

Da questo punto di vista la realtà di Seriate, storicamente, si presta ad essere un “laboratorio in atto”: vivace anche se con fatiche, nell’applicazione delle sinergie tra varie zone. In passato ci si era chiesti se una maggiore valorizzazione delle specificità delle cinque zone potesse aiutare meglio la vita della comunità. Si è però arrivati alla conclusione che senza nulla togliere al senso di appartenenza alle zone, vale la pena di promuovere sempre più la scelta della sinergia. Potrebbe essere la linea emergente delle relazioni fra le parrocchie vicine e quelle appartenenti alle Cet.

Un altro tema da analizzare e sul quale probabilmente correggere anche il tiro, è quello relativo alla valorizzazione dei gruppi e delle differenti associazioni presenti sul territorio.

In luoghi dove sorgevano monasteri succedeva che la vita della Chiesa ruotasse attorno ad essi, così come avveniva un tempo anche con le numerose associazioni esistenti – ad esempio l’Azione Cattolica – ma che oggi si sono sensibilmente ridotte anche se ce ne sono ancora (vd gli Scout impegnati prevalentemente con ragazzi e ado).

Non andrebbero viste come antagoniste della comunità o come “enti” che portano via i fedeli ma come realtà da valorizzare.

Va allora curato con particolare impegno lo sforzo di lasciare ai laici maggiore iniziativa, modificando alcuni schemi, anche quelli consolidati da secoli.

 Punto 9
Rapporto Parrocchie-diocesi

 Fra “centro e base” sembra necessario costruire relazioni che non siano sporadiche e/o annuali – vedi Assemblea del clero: due volte all’anno – e soprattutto che negli incontri presbiterali non prevalga una scelta comunicativa riguardo alle cose da fare.

 Appare urgente far crescere lo stile comunionale e di fraternità sembra allora importante creare delle relazioni biunivoche caratterizzate da:

– organismi diocesani capaci di fornire “al locale” strumenti pastorali utilizzabili ma aperti (delle scatole per e con gli attrezzi… fruibili pur con dovuti adattamenti alla realtà) a partire dalla convinzione che “il centro” è chiamato a porsi a servizio delle parrocchie e non a tutelare o promuovere dei ruoli

– parrocchie (sacerdoti in primis) capaci di intuire la valenza testimoniale delle buone relazioni tra persone e organismi locali e diocesani. Per questo potrebbero servire anche momenti di preghiera diocesani condivisi o vissuti nelle realtà locali ma nello stesso giorno e ora. E’ un impegno e un’attenzione da rifondare periodicamente a partire da scelte condivise. Contemporaneamente andrebbe promosso un maggiore e costante coinvolgimento decisionale dei sacerdoti e delle parrocchie riguardo a certe scelte di fondo e quindi anche su aspetti edilizi ed economici: non quindi come avvenuto ultimamente per alcuni importanti progetti diocesani.

 


 

B) Confronto assembleare

Al temine delle esposizioni dei lavori di  gruppo, il parroco invita alla discussione.

Giuseppe Bonfanti apre il dibattito indicando nel fare comunicazione della vita parrocchiale alcuni elementi di fragilità per raggiungere diverse aree della popolazione e facilitare le relazioni.

Don Mario C. aggiunge la funzione del coinvolgimento, ossia la capacità di tradurre queste tematiche da addetti ai lavori e divulgarle. Un aspetto che si riallaccia alla sinodalità.

Anche Francesco Assolari esprime il bisogno reale di rendere accattivanti questi contenuti.

Cecilia Morosini sostiene che già questo lavoro potrebbe essere fatto all’interno di alcuni gruppi che hanno una preparazione di base, come i catechisti, perché a cerchi concentrici possano raggiungere altre persone.

Francesco Assolari riprendendo un passaggio del documento e ponendo la domando se “stiamo adeguatamente annunciando il Vangelo” nel verbo adeguare vede una comunicazione dai nuovi stili e linguaggi per coinvolgere e attrarre adeguandoci, anche se è giusto che si metabolizzino in un ambiente più consolidato.

Roberto Valoti  aggiunge la necessità di selezionare i messaggi e di utilizzare gli strumenti già disponibili ma che usiamo poco. Come non pensare per esempio ad una dinamismo di informazioni tra la Voce e il sito parrocchiale?

A Maria Rizzi vengono in mente i video che hanno fatto gli adolescenti in Quaresima: un metodo per sentirsi protagonisti; progettare insieme a coetanei e catechisti; conoscere facendo e gestendo le proprie emozioni tra divismo e antidivismo; alla fine annunciare il Vangelo con un video alla comunità. Esperienza e messaggio insieme.

Per don Mario C. la preoccupazione positiva per la Chiesa è quella di ragionare su come trasmettere oggi il Vangelo. Inoltre c’è da domandarsi come raggiungere le persone che vanno a Messa sul dibattito e cambiamento in atto circa il cammino della Chiesa di oggi non per capire in toto, ma semplicemente perché ascoltino, percepiscano, per essere consapevoli e perché si sentano Chiesa, partecipi di quella famiglia di credenti che sta riflettendo su cosa e come fare.

A tale riguardo Bernardo Perlman chiede se è pensabile che un rappresentate del Consiglio Pastorale possa fare un’assemblea in ogni zona. Coglie inoltre il messaggio positivo espresso dai rappresentanti dei 5 gruppi che è “allargare le braccia e abbracciare tutti”, la Chiesa che si apre verso l’esterno e non più verso l’interno.

Per don Mario C. la  proposta del rappresentante è valevole, ma ad oggi è importante percepire la preoccupazione di una apertura per evitare di fare la Chiesa la casa solo di 20/30 esperti eletti dentro un dibattito. Sul concetto della Chiesa in uscita don Mario C. ribadisce la possibilità di far sentire partecipi su questi argomenti al di là delle soluzioni.

Marco Redolfi interviene a favore di alcuni punti detti che rappresentano la strada su cui incamminarsi. Fondamentali sono: la cura delle relazioni; la fatica e la costanza di molti volontari; la testimonianza con le proposte per attrarre una potenziale partecipazione attraverso varie forme e strumenti comunicativi.

Anche l’omelia, propone Ottavio Alfieri, potrebbe essere una diretta ed efficace fonte di informazione. Ricorda che un tempo molti preti (come per es. Don Farina alla M.d. Grazie) non commentavano il Vangelo, ma usavano fare dei cicli di conferenze su determinati argomenti.

Don Mario C. annuisce sulla proposta come strada percorribile aggiungendo che sarebbe da studiare bene, collegandola o slegandola al Vangelo, con tempistiche adeguate, ma ritenendola comunque un’eccezione.

Maria Rizzi chiede la parola per sottolineare un passo dell’Evangelii Gaudium quando si dice che tutto avviene “per attrazione”. Qui, sostanzialmente, la testimonianza e lo stile di vita di ciascun cristiano dovrebbe tendere ad avvicinare le persone. Questa è l’essenzialità dell’attrazione.

Valentina Capelli, paragonando per assurdo la Chiesa ad un brand, fa capire come le trasformazioni che stiamo vivendo abbiano cambiato non solo il rapporto della Chiesa con il mondo ma lo stesso mondo della comunicazione. Se, dunque, oggi i “brand”si avvicinano ai potenziali  “target” con il metodo dell’”one to one” piuttosto che l’”one to all” degli anni ‘80, Valentina suggerisce un cambio di passo anche per la Chiesa. Concretamente significa che è più efficace rivolgersi ai singoli individui, invitandoli e farli sentire responsabili secondo i propri talenti e abilità. Questo succede già nell’organizzare feste, riunioni ed altro. Quindi, le prime fasi del coinvolgimento sono : 1) chiedersi quale è il messaggio; 2) chiedersi a chi rivolgersi; 3) chiedersi come rendere quella persona partecipe e responsabile.

Marco Zucchelli, riproponendo il “cuore” del documento del vescovo, si domanda come sia possibile immaginare oggi la parrocchia tra 10 anni e, nell’ottica della sinodalità che ben poche volte viene citato nel testo, non si preoccupa dei 4000 cristiani che vanno a Messa, ma degli altri che non vengono in Chiesa. Questa è la scelta da fare: o ci rivolgiamo ai nostri che già vanno in Chiesa oppure a chi non ci va. Da qui poi i modi per avvicinarli e ritrovare l’ottimismo cristiano. Della sua esperienza con i gruppi di formazione, due sono i bisogni che la gente esprimeva: 1) il bisogno delle testimonianze; 2) il bisogno di parlarsi tra di loro. Questo potrebbe essere un modello di vita di una parrocchia? Evangelizzare un territorio significa che come parrocchia si deve vivere questo territorio pensando all’oggi nonostante sia cambiato il mondo. Sostiene che le modalità per stare legati tra di noi siano una piccola parte del problema perché il grosso del problema è come fare oggi una proposta di evangelizzazione, o meglio, rievangelizzazione di una comunità.

Conclude il parroco don Mario C. riprendendo alcune parole che possono collegarsi tra di loro in tre blocchi: 1) missionarietà, relazione, accoglienza e personalizzazione; 2) testimonianza, attrazione, ministerialità e sinodalità; 3) comunicazione, gruppi/brand, omelia per tutti.


Si ricorda lo scambio degli auguri natalizi tra i volontari al teatro Aurora la sera dell’11 dicembre alle ore 20,45


L’incontro si conclude alle ore 22.24

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