La festa della vita è oggi

IV domenica del Tempo Ordinario C

Oggi è la festa della vita, ma questo ci deve far riflettere che la festa della vita è l'oggi, il mio oggi.

Nella spiritualità ebraica si racconta che un angelo fu mandato da Dio sulla terra per regalare la vita eterna, ma tornò indietro deluso, dicendo: “Avevano tutti un piede nel passato e uno nel futuro, non ho trovato nessuno che avesse tempo!”. Noi siamo proprio così: o siamo bloccati da quello che abbiamo fatto o siamo sbilanciati su quello che faremo. È lo stesso peccato grave dei compaesani di Gesù e per salvarci da questo pericoloso rischio la Parola di Dio ci rimette nel cuore una parola straordinaria: “oggi”. “Oggi” è il momento fondamentale della nostra vita.

In questa giornata per la vita ce lo ricorda anche San Paolo: puoi essere capace di fare tutto in modo straordinario, puoi essere la persona più buona e generosa del mondo, ma se non hai amore, se non vivi col cuore pieno il tuo oggi, sei come una campana che rimbomba a vuoto. Sant'Agostino si spinge fino a dire: “Ama e fa ciò che vuoi!”, ma l’amore vero ha solo una condizione: “l’oggi”. “Tutto copre, tutto spera, tutto sopporta”, ma solo “oggi”. Se dico ti ho amato ieri o ti amerò domani: non c’è amore.

Chi ha un piede ancora nel passato e uno già nel futuro, potrà avere una vita piena di tante cose, ma mai d’amore. Vivere senza farci bloccare dalle ombre del nostro passato, vivere senza farci impaurire dal luccichio del futuro incerto, è ciò che Gesù nel Padre Nostro ci fa chiedere con forza: “dacci oggi il nostro pane quotidiano”, il pane dell'oggi. Non c’è gesto migliore per ridire questa verità che quello con cui accompagniamo questa preghiera: le mani alzate. Nella sua semplicità questo gesto è una scuola d’amore.

Alzare le braccia è il gesto dell'arrendersi e del dimostrarsi disarmato. Imparare a gustare l'oggi dell’amore è avere il coraggio di dire “ho bisogno di te, non ce la posso fare da solo!”. Di dirlo a Dio, ma anche di dirlo a chi abbiamo vicino.  Alzare le braccia è anche il gesto del cercare l’equilibrio. A volte ti capita di essere sui bus sballottato dalla strada e l’unico modo per stare in equilibrio è alzare le mani aggrappandoti a qualcosa, anche piccolo, che ti sostenga. Imparare ad amare significa ammettere che in ogni “oggi” ci sono curve in cui non riesci a stare in piedi da solo e hai bisogno di attaccarti… a Dio o a chi hai vicino.

Alzare le braccia è in fine il tenero gesto del bambino che vuole farsi prendere in braccio dal suo papà. Il bambino non ha né il passato né il futuro che lo blocca, ha solo il presente e il suo oggi è solo il collo del suo papà: quell’abbraccio forte per lui sa fermare il tempo e il mondo.

I compaesani di Gesù – incontrati nel Vangelo di oggi – pensavano di sapere tutto di lui: “ma non è il figlio di…?!”. Gesù invece è un uomo libero, anzi di più: è liberante. Si smarca dal passato presunto e dal futuro incasellato per vivere un amore che dà un nuovo senso al quotidiano. La fede, come l'amore, come il pane buono, non va mangiato né crudo, né stantio, ma “quotidiano” e meglio se caldo. Che l'angelo del Signore ci trovi così, con i piedi posati sull'oggi, avendo lasciati i sorrisi verso il passato e gli sguardi al futuro, e magari con la bocca piena di un croccante tozzo del pane dell'oggi, del pane quotidiano, che come l'amore, nutre, sostiene e crea casa.
Così sia.

Questo articolo è stato pubblicato in CELEBRAZIONI da Mons. Giulio Dellavite . Aggiungi il permalink ai segnalibri.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *