Sparire, Sparare o Sperare?

III domenica del Tempo Ordinario C

Gesù entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga. "Come al solito", come facciamo anche noi ogni domenica, quando, secondo il “nostro” solito, entriamo in chiesa.

La messa domenicale rischia sempre di essere un’abitudine, riducendosi facilmente in vuota ripetizione: la "solita cosa" che viviamo con leggerezza, senza avere troppe attese. Non è solo colpa dei fedeli! Ratzinger, in una
intervista da Cardinale, disse: “Il miracolo della Chiesa è di sopravvivere ogni domenica a migliaia di pessime omelie”. Il "solito" di Nazareth viene invece scosso dalla curiosità: “gli occhi di tutti erano fissi sopra di lui!”. Bastò quel personaggio strano, misto a un pizzico di curiosità, a trasformare quelle “solite” in parole “nuove”.

È l’augurio che fa Luca all’introduzione al suo Vangelo, con la dedica a “Teofilo”, dal greco letteralmente "l'amico di Dio". Quel nome strano, Teofilo, è in realtà lo spazio vuoto per il nome di ciascuno di noi. Una dedica dell'autore per noi. Forse non ti sei mai accorto, ma il Vangelo è dedicato proprio a te!

Ma proviamoci a chiederci con schiettezza: che rapporto c’è tra il “suo” passato e il “mio” presente?
Che c’entra la vita di Gesù con il futuro che ho davanti?

Immaginiamo che esista una banca che ogni mattina accredita la somma di 86.400 Euro sul nostro conto. Però c'è un particolare: non conserva il saldo giornaliero. Ogni notte cancella qualsiasi quantità della somma che non sia stata utilizzata durante il giorno. Che faresti? Ritireresti fino all’ultimo centesimo ogni giorno. Ovvio. Ebbene, ognuno di noi possiede un conto in questa banca. È così! Questi 86.400 non sono euro ma secondi. Questo capitale ha un nome e si chiama tempo, anzi "il solito". Ogni mattina questa banca ci accredita i soliti 86.400 secondi. Non esistono accrediti sul deposito di domani. Il "teofilo", l'amico di Dio, è colui che nel "solito" trova un di più.

Leggevo in questi giorni una poesia che sembra un gioco di parole: “Tra sparire e sparare scelgo ancora di sperare, finché ho un amore da respirare, finché ho un cielo da spiare”.

Questa è la scommessa del Vangelo di Gesù Cristo. Un libro che ha due primati: è il più venduto e il meno letto. A volte lo si lascia chiuso perché lo si ritene il solito romanzo: perché leggerlo?! si sa già chi muore e chi è l’assassino! Per qualcun altro, con una visione più disincantata, il libro del Vangelo assomiglia di più alla guida del telefono: liste di nomi, alcuni conosciuti, comunque cosa vecchia e noiosa. C’è chi desidererebbe che fosse una guida per il microonde, dove poter trovare ricette facili, brevi e subito pronte, per cucinare a dovere i problemi della vita. Se il Vangelo non è niente di tutto questo, cosa è? Il Vangelo è piuttosto una scatola di lettere d’amore. Ogni giorno Dio pensa a noi e ci scrive una lettera. Noi non ci badiamo, la lasciamo lì, senza nemmeno aprirla e leggerla. Può arrivare il giorno però in cui nel silenzio riprendi queste lettere, anche dopo tanto. Non importa se sono piene di polvere e sgualcite, perché l'amore di cui sono impregnare resta sempre, resta vivo e vero.

L'evangelista vuole far nascere in noi un po’ di curiosità, vuole invitarci a prendere sul serio la nostra interiorità, a renderci conto che la fede va nutrita, indagata, capita. Siamo seri: il problema è la nostra pigrizia. Quanti capitali sciupati. Quanto ci importa della densità del nostro mondo interiore? Vuoi veramente cercare la fede? Indaga. Cerchi davvero Dio? Informati, leggi il Vangelo.

L’essere “teofili”, amici di Dio, è scoprire la magia del “solito”: che ci ferma dallo sparire da tutti e dallo sparare a
qualcuno, per far vincere i respiri dell'amore finché ci sono angoli di cielo da spiare dentro, intorno e sopra noi.

"Tra sparire e sparare scelgo ancora di sperare, finché ho un amore da respirare, finché ho un cielo da spiare”.
 

Questo articolo è stato pubblicato in CELEBRAZIONI, PASTORALE da Mons. Giulio Dellavite . Aggiungi il permalink ai segnalibri.

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