Lavoro, mai più di domenica

Negozi aperti nelle feste: la polemica continua.
Iniziativa della Confesercenti. La posizione della Chiesa.
«Rischio salute, famiglia e amici»: parla chi è costretto a lavorare.

 

 

07/11/2012
«Adesso basta», si muovono i commercianti

A muoversi sono innanzitutto i commercianti.
Stanchi di tenere le saracinesche aperte per pochi spiccioli a danno delle loro stesse famiglie. Ma non solo: commesse, lavoratori precari dei grandi centri commerciali, piccoli negozianti costretti all’apertura dalla concorrenza improba con le grandi catene hanno cominciato a passarsi parola con un unico obiettivo: «liberare la domenica dal lavoro». Per tornare così a dedicarsi ai propri affetti, ai propri hobby, al proprio riposo.

È partita così, quasi in sordina per diventare poi sempre più strutturata, la raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare che regolamenti le aperture domenicali e festive dei negozi nei centri storici delle città e le chiusure, domenicali e festive, dei centri commerciali. Confesercenti con Federstrade stanno promuovendo e facendo da cassa di risonanza di una protesta che sta attraversando l’Italia.
È di qualche domenica fa l’iniziativa, partita da Treviso, delle commesse che hanno invaso piazze e città
per reclamare il proprio diritto al riposo festivo.

A far da supporto all’iniziativa la Chiesa italiana, che già con il Congresso eucaristico di Bari del 2005 e poi con il Convegno ecclesiale di Verona del 2006 ha posto grande attenzione al momento della festa domenicale come giorno non solo per “santificare la festa”, come recita il terzo comandamento, ma per stare insieme in famiglia, per riappropriarsi del proprio tempo e delle relazioni trascurate durante la settimana.
Anche nell’Incontro mondiale delle famiglie svoltosi a Milano dal 30 maggio al 3 giugno
il tema del riposo domenicale è stato tra gli argomenti invocati a sostegno di un tempo più a misura di famiglia.

Non è un caso che il nostro giornale sia più volte tornato sull’argomento, recentemente anche con il commento di monsignor GianCarlo Bregantini, presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, pubblicato sul numero 43 di Famiglia Cristiana.

«Difendiamo le imprese e la qualità del vivere»

«Certo che difendiamo le nostre imprese, ma questa non è un’iniziativa solo corporativa. Abbiamo l’esigenza di difendere i nostri territori e la qualità del vivere». Marco Venturi, presidente di Confesercenti parte da qui per spiegare il perché della campagna, promossa insieme con Federstrade e con il sostegno della Cei, per la chiusura domenicale dei negozi. «Da quando il decreto Salva-Italia ha liberalizzato gli orari dei negozi», spiega Confesercenti, «non c’è stato alcun incentivo al consumo, anzi. Le piccole e medie imprese stanno soffrendo ancora di più e molte hanno chiuso o rischiano la chiusura».

Secondo i dati diffusi nel corso della conferenza stampa che ha lanciato la campagna Libera la domenica, negli ultimi anni hanno chiuso 100mila imprese e altre 81 mila potrebbero aggiungersi nei prossimi cinque anni. «Con la scomparsa dei piccoli negozi è aumentata l’insicurezza delle città e si sta sgretolando il tessuto sociale”, ha aggiunto il vicedirettore di Confesercenti Mauro Bussoni. Non è dunque solo una questione economica, ma «antropologica», ha spiegato monsignor GianCarlo Bregantini, presidente della Commissione Cei per i problemi sociali e del lavoro. «Quando Benedetto XVI, al convegno di Verona del 2005 ha ricordato la risposta che Emerito dette al Proconsole romano che gli chiedeva perché avessero trasgredito l’ordine dell’imperatore di non celebrare la domenica “sine dominico non possumus”, sembrava che nessuno prendesse sul serio questo tema. Ci sembrava di fare una battaglia clericale. Oggi è chiaro che non è una battaglia interna alla Chiesa, alla quale teniamo solo noi, ma è una battaglia che si fa per l’uomo».

Citando ancora Benedetto XVI monsignor Bregantini insiste sul fatto che «come ha detto il Papa senza la domenica ci mancherebbero le forze per affrontare le difficoltà quotidiane e non soccombere».
Il riposo «e non quello in un giorno qualunque, ma quello della domenica, può rilanciare il cuore, rilanciare la speranza, ri-costruire i propri legami familiari. Non possiamo fare solo affermazioni teoriche e dire che la famiglia è bella se poi è spaccata la domenica e nei giorni di festa».

Per questo è convinto il sostegno della Cei che il 25 novembre invita le diocesi e le parrocchie a mettere a disposizione i sagrati per la raccolta delle firme. «Vogliamo regolamentare, non chiudere», insiste monsignor Bregantini. «E il sagrato è il luogo giusto dove raccogliere le firme perché è tradizionalmente il posto dove si incontrano Chiesa e mondo». Inoltre la scelta della domenica nella quale si celebra Cristo Re è voluta per ricordare che «Cristo è pienezza, è la sintesi tra la dignità umana e quella divina». «Se devo dirlo con uno slogan, conclude il vescovo alzando un cartoncino scritto a pennarello, «potrei dire che "Domenica, forse, aperto", cioè non vogliamo che l’apertura sia obbligatoria, ma si apre quando è necessario.
Ricordandoci anche che Paesi come la Svizzera o la Germania non aprono di domenica.
Cerchiamo di inseguire la Merkel anche sulle cose positive e non solo per lo spread».

Rivogliamo la famiglia

«Dobbiamo riconquistare la famiglia. Lo dico da imprenditrice, da moglie, da madre». Mina Giannandrea, a nome di Federstrade, parla sfogliando le pagine del libro bianco. Anzi i due volumi che raccolgono, scritte a mano con tanto di timbro degli esercenti, centinaia di storie e testimonianze di commercianti della capitale. Roma è tra le prime città che si sono mosse in difesa della domenica e il cardinale Agostino Vallini ha subito supportato l’iniziativa. «Devo un grazie a lui, a monsignor Bregantini e, in particolare, a monsignor Mariano Crociata che si sono resi parte attivita nell’iniziativa intrapresa e non ci hanno fatto sentire soli», dice la Giannandrea.

Il libro bianco, che verrà pubblicato nelle prossime settimane, è una raccolta di storie e di speranze. Ma anche di denunce e di richieste. «Anche noi abbiamo il diritto di crescere e di goderci i nostri figli», scrivono i proprietari del negozio Pinky, mentre Arnaldo aggiunge: «I nostri figli hanno 10 e 11 anni, non sanno cosa vuol dire passare una domenica con tutta la famiglia». Lui e sua moglie fanno a turno per non lasciarli soli o chiedono aiuto ai nonni, ma quando saranno grandi «sarà ancora peggio perché allora staranno soli». Qualche pagina più in là Stefano scrive: «Che il lavoro nobiliti l’uomo è verissimo, ma lavorare tutte le feste e non chiudere più neanche la domenica servirebbe solo a dividere la famiglia».

«Siamo partiti da queste esperienze, dal bisogno sempre più sentito di ritrovarci con i nostri cari nel giorno di festa», spiega la Giannandrea. «Anche perché, aggiunge Venturi, «non solo è un sacrificio, ma è un sacrificio inutile perché i consumi non aumentano, semmai si spalmano su tutta la settimana, ma con vantaggio solo della grande distribuzione».

Senza peraltro che questo crei nuovi posti di lavoro. Anzi i dati di Confesercenti dicono che per ogni posto di lavoro (di solito precario) creato nei centri commerciali, di fatto scompaiono 10 posti nei piccoli negozi dei centri storici.

Le Regioni all'attacco

A sostegno dell’iniziativa sono arrivate anche le lettere dei presidenti di Piemonte, Veneto, Toscana ed Emilia Romagna, le Regioni che per prime si sono mosse contro l’articolo 31 del decreto Salva Italia, quello appunto che liberalizza le aperture domenicali. Le Regioni, i cui ricorsi sono all’esame della Corte costituzionale proprio in questi giorni, lamentano che la nuova normativa ha creato innumerevoli problemi sia ai commercianti che alle stesse Regioni sottraendo loro la possibilità di decidere quando derogare alla chiusura.

Finora infatti erano le Regioni e i Comuni che, tenendo conto delle esigenze del territorio, dei flussi turistici, di particolari eventi, stabilivano quando poter tenere aperti i negozi nei giorni festivi. Tutt’ora Bolzano, forte del suo Statuto speciale, prevede la chiusura per 35 domeniche l’anno. In Europa l’apertura domenicale è un’eccezione: la Germania e la Francia prevedono 10 domeniche l’anno, Olanda e Spagna un massimo di 12, zero la Svizzera. Qualora i ricorsi delle Regioni venissero accolti Confesercenti continuerà comunque la raccolta di firme per portare all’attenzione sia dell’attuale Governo che del prossimo una legge di iniziativa popolare che possa regolamentare tutto il settore.

Bregantini: «L'apertura domenicale dev'essere l'eccezione»

Tre sono le ragioni che hanno spinto i commercianti contro la liberalizzazione estrema della domenica. Infatti, è dalla base che è partita l’indignazione contro una libertà sfrenata. I valori in gioco sono, innanzitutto, quello antropologico: senza il riposo domenicale ogni uomo si fa vuoto, privo di luce, non gusta più le belle cose che fa. Il riposo è cioè antropologicamente necessario. In secondo luogo, c’è la ragione familiare perché le famiglie, specie le mamme costrette a lavorare di domenica, non hanno più la possibilità reale di seguire i loro figli, soprattutto gli adolescenti. La casa si spegne del calore familiare per un ipotetico vantaggio economicistico. Terzo: le motivazioni economiche. Si constata, infatti, che la legge sulle liberalizzazioni ha di fatto abbassato i ricavi del commercio di ben il 2 per cento.

I supermercati aperti perdono anche in termini finanziari.
Non è vero che è un rimedio per rilanciare l’economia, anzi la peggiora. A dimostrazione che non basta la libertà, da sola, per dare slancio all’economia, ma occorre investire soprattutto in etica.
Non si tratta, dunque, di una battaglia “clericale” né di difesa della Messa festiva, anzi anche le comunità ebraiche si sono alleate fortemente in questa campagna.
È perciò una battaglia umana, sociale ed economica intelligente.
L’obiettivo è creare un’imponente raccolta di firme per il cambio della legge sulle liberalizzazioni perché la regolamentazione del commercio domenicale passi alle Regioni, che potranno saggiamente distribuire tale opportunità a seconda della conformazione geografica e turistica delle varie località.
L’apertura domenicale dei negozi diventa, così, un’eccezione, non una regola.
Questo è il nocciolo etico e politico della proposta.
+ Monsignor GianCarlo Bregantini

Annachiara Valle

Da “famiglia cristiana.it”

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2 pensieri su “Lavoro, mai più di domenica

  1. Abito a Seriate. Fuori dalle varie parrocchie non c'e nessuna raccolta firme. In quale chiesa la stanno facendo? Lavoro in auchan bergamo e sono fortemente contraria alle domeniche lavorative.

    • ci stiamo attivando per allestire tavoli anche a Seriate, per la raccolta firme a sostegno del progetto di legge di iniziativa popolare sulla regolamentazione delle aperture domenicali dei negozi.
      grazie dell'attenzione.
      federico

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